domenica 28 dicembre 2008

sabato 27 dicembre 2008

Auguri


A tutti coloro che esplorano, che anelano superare i confini del conosciuto, conoscere l'ignoto, ed hanno l'inquietudine di andare ed essere sempre dove accadono eventi nuovi, il mio Augurio di trascorrere Buone Feste nella pace famigliare e nell'abbraccio degli amici fedeli.
A tutti coloro che non cercano altro che una vita sicura, ed amano la certezza delle cose di tutti i giorni, che passano le settimane nella tranquillità domestica, il mio Augurio che l'Anno nuovo porti un cesto di emozioni e un fascio di imprevisti.

lunedì 22 dicembre 2008

In ricordo di un Amico


L'altra notte il Corvo, che secondo gli inuit ha creato tutte le cose viventi, è venuto in sogno a trovarmi, e mi ha strappato il cuore.
Lo ha portato in volo sopra l'oceano, e lo ha deposto sulle rive ghiacciate del Sermilik.

In quel mondo magico, dove il tempo non ha origine né fine e tutto è possibile conoscere, mi è stato dato di osservare un'Ombra mentre scorrevano gli attimi finali della sua vita, e questo è stato per me un grande privilegio.
L'ho vista salire con passo fermo gli ultimi contrafforti che la conducevano alla vetta più alta, giaciglio designato per il suo sonno eterno.
Su giunta, s'è fermata un istante. Con movimenti misurati, contando gli ultimi istanti di vita, ha volto ancora uno sguardo intorno.
Mi ha visto, e in quel momento mi ha riconosciuto.
Ti aspettavo, mi ha detto. Sapevo saresti venuto.
Non servo a nulla, ho risposto.
Non è vero. Mi tieni compagnia.
Era felice della mia presenza
.

Poi ha cercato il suo posto, designato fin dal tempo in cui il mondo era solo Pensiero, e lì si è accomodata, sdraiandosi su di un fianco. Ha posato il gomito ad angolo, e sulla mano ha posato la guancia.
Con il capo rivolto verso il Sermilik, ha avuto un ultimo sussulto - forse un gesto di rimpianto per la vita fuggita? - e si è fatta sasso.
È rimasta così, Ombra pietrificata, uno dei mille fantasmi che si agitano inquieti fra le montagne e i ghiacci eterni del Sermilik.

Sono passati trenta giorni da quando Franco Varrassi è morto precipitando sul Corno Grande del Gran Sasso. Quel Momento, gli spiriti inquieti che popolano il Sermilik si sono sollevati sui loro giacigli di pietra, e hanno lanciato un grido di orrore, vedendolo cadere.

Quando è stato il giorno del suo funerale, il Gran Sasso era presente, ma se ne stava nascosto sotto un cappuccio di nuvole. Aveva paura a farsi vedere, sapeva di aver combinato un bel guaio, due giorni prima, quando non lo aveva trattenuto mentre precipitava nel vuoto, e osservava tutto cercando di non farsi scorgere.
Ma quando è stato il momento del saluto finale, non ce l'ha proprio più fatta a stare nascosto.
Allora si è scoperto il capo, e si è fatto avanti in prima fila, presentandosi in tutta la sua fierezza di vero signore delle montagne, offrendo in omaggio un maestoso tramonto rosso porpora.
Nessuno ha osato accusarlo, nessun dito si è puntato su di lui. Franco amava questa montagna.
È la montagna più bella del mondo, diceva.

Franco era stato con me in Groenlandia, nell'estate di quest'anno, e avevamo lavorato insieme nella Spedizione Saxum 2008.
Con lui a Tiniteqilaaq abbiamo passato tre giorni portando bambini in giro per il paese sulle nostre spalle, come fossimo dei cavallucci. Franco era un amico.
Insieme, abbiamo parlato spesso del nostro lavoro, della nostra famiglia, dei nostri bimbi.

In questi giorni stiamo pensando ad una nuova spedizione al Sermilik.
Nel credo degli Inuit il cielo è una cupola che avvolge la Terra, ed ha un'apertura attraverso la quale le anime salgono al Regno della Luce.
Chi ha avuto una morte violenta deve invece percorrere uno stretto e pericoloso sentiero, ma è aiutato dagli Spiriti Celesti, che fanno luce con delle torce lungo tutto il suo percorso: è la luce dell'Aurora.

Questa volta saremo in sei, e avremo con noi uno Spirito Celeste.


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mentelocale.it

domenica 21 dicembre 2008

Esplorazioni d'inverno



La neve è caduta abbondante. Le temperature sono basse. Il pericolo delle valanghe e delle slavine è alto.
Allo speleologo non resta che rimanere nel sicuro calore delle grotte di pietra. Si dia inizio ad un buon inverno di esplorazioni sotterranee.

venerdì 19 dicembre 2008

La Nascita del Mondo: una leggenda Inuit

Vi fu un tempo in cui sulla Terra non c'era nulla. Né uomini, né piante, né animali. Solo il Corvo e la moglie. Si erano creati da soli, ed erano gli unici esseri viventi che popolavano la Terra.
Un giorno, la moglie del Corvo decise che era giunto il momento di non vivere più soli, tanta era la noia che regnava in quella casa.
Così disse al marito:
vai fuori, e crea qualcosa con cui avere compagnia nelle lunghe notti senza luce.
Ma il Corvo era molto pigro, e non aveva affatto voglia di creare il resto della Terra. Così se ne andò a dormire borbottando:
ci penserò domani...se ne avrò voglia.

Il mattino dopo, al risveglio, il Corvo ebbe un fremito di stupore, perché, guardandola, si accorse che sua moglie era cambiata: non era più un corvo, ma uno strano essere che al posto delle zampe aveva due gambe, e dieci dita, e le penne erano scomparse, e il corpo da nero lucente era venuto tutto bianco.
Era strana,
però è bella, pensò il corvo. E, invidioso, cercò di divenire come lei.

Iniziò a strapparsi le penne, a strapparsi gli artigli, ma nulla. Pur spennato e senza unghie, restava comunque un animale, lontano dalla bellezza femminile che ora aveva la moglie.
Non sapeva più cosa fare. Ma che, per caso, non aveva preso un abbaglio?

Disperato, torno a guardare la moglie che giaceva addormentata. Ma no, era proprio così, cambiata. E aveva anche la pancia gonfia.
Che stesse male?
Proprio bene non stava, se si contorceva così.

Doveva fare qualcosa, farla tornare corvo, pensò.
E mentre si arrovellava per cercare di capire come, ecco comparire, a poco a poco davanti a lui, due piccoli esseri umani, due creature simili in tutto e per tutto alla madre.
Con quelle due piccole creature gemelle, sua moglie stava creando il mondo degli uomini!

E noh, pensò il Corvo, che che non voleva essere inferiore alla moglie, se tu hai creato gli uomini, io creerò il resto del mondo.
Volò fuori dalla casa, e inizio a volteggiare sulla Terra inventando animali, piante, fiori, ed ogni altra cosa vivente, creandola talmente bella e variopinta che la moglie ne rimase stupita.

Io ho creato gli uomini, gli disse allora la moglie, ma tu hai saputo creare cose ancora più belle.

E, udendo queste parole, il Corvo fu felice.

domenica 14 dicembre 2008

sabato 13 dicembre 2008

Storie della Groenlandia. Uma: un Inuit di Angmagssalik

Questa storia viene da Nunakitsek, piccolo villaggio vicino a Sermiligaak. È stata narrata intorno agli anni '30 da un Inuit a Paul Emile Victor, esploratore ed etnologo francese che ha studiato gli inuit di Angmagssalik raccogliendone gli usi, i costumi, le tradizioni, le storie.
È stata tradotta dal francese dal volume La Civilisation du Phoque, e ridotta per queste pagine.

Il vecchio uomo si chiama Uma. Da molti anni è paralizzato ad entrambe le gambe, e si muove trascinandosi sulle mani.
I ricordi della sua vita sono tristi. Due dei suoi figli sono morti in kayak. Gli altri suoi tre bambini sono morti anche loro.
Un giorno, sopraffatto dalla disperazione e dal dolore per la propria vita, che vanno ad aggiungersi all'apprensione per la scarsità di cibo per tutti gli altri famigliari, decide di suicidarsi.
Dice: «Aiutatemi a vestirmi».
Lo aiutano a mettersi solo l'anorak, e l'unico pantalone che ancora possiede.
Quando è vestito, esce di casa trascinando dietro di sé le gambe paralizzate.
Tutti lo accompagnano. Tutti lo incoraggiano: «Rivedrai presto i tuoi familiari - gli dicono - Non avrai più fame nel Paese dei Morti». (Nel Paradiso inuit gli uomini vivono in buoni rapporti con gli animali, che si lasciano uccidere per permettere loro di mangiare).

Si muove carponi, trascinandosi dietro le gambe come dei pezzi di pelle di foca.
Fa molta fatica. Si ferma. È stanco. Prende fiato.
Riparte. Si ferma spesso.
Arriva infine sul bordo della piccola falesia che è sul bordo del mare. Qui getta il coltello da caccia del suo figlio primogenito Itimma nel mare.
Grida: «Vieni, Itimma, figlio mio. Vieni a prendere il tuo coltello. Arrivo!».
Dall'alto della falesia, con un disperato colpo di reni si getta nel mare.
L'acqua è fredda. Si dibatte. I suoi vestiti lo fanno galleggiare. La morte non arriva.
Sua figlia adottiva ha pietà di lui. Gli grida: «Metti la testa nell'acqua! Così durerà di meno!». Sente. Mette la testa nell'acqua.
Dei soprassalti lo scuotono. Della schiuma e delle bolle appaiono sull'acqua.
Non si muove più.
Il suo corpo galleggia portato dalla corrente.

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venerdì 12 dicembre 2008

Gli Inuit di Angmagssalik

Il porticciolo di Tiniteqilaaq


La baia di Angmagssalik, località della Groenlandia orientale poco a sud del Circolo Polare Artico, è uno degli angoli del Pianeta più difficilmente raggiungibili per la maggior parte dell'anno, isolata come si trova dal pack-ice che si spezza solo a tarda primavera.

Inoltre, le lingue glaciali alle testate dei due grandi fiordi di Sermilik e di Sermiligaaq (il bellissimo fiordo ghiacciato) a inizio primavera iniziano a scaricare in mare centinaia di iceberg che vanno a saldarsi con i lastroni del pack residuo, formando una barriera di ghiaccio che rende difficile la navigazione anche in piena estate.
Si capisce, così, perché questa parte della Groenlandia è rimasta isolata dal resto del mondo fino all'avvento delle prime rotte aeree commerciali.

Ad Angmagssalik, in meno di una decina di villaggi sparsi lungo le coste dei fiordi vivono in condizioni ambientali estreme circa 2.900 Inuit, la cui sopravvivenza dipende quasi esclusivamente dalla caccia e dalla pesca (salmoni, foche, orsi), non esistendo per loro altra forma di sostentamento.

Di origine siberiana, gli Inuit (che nella lingua inuktikut significa ‘il popolo') arrivarono in Groenlandia con uno dei flussi della grande migrazione che a partire dal 2400 a.C. attraversò lo Stretto di Bering e colonizzò i territori più settentrionali del continente americano, stanziandosi poi nelle regioni dell'Artico comprese fra l'Alaska, il Canada, la Russia, la Finlandia, la Svezia, la Norvegia, l'Islanda e la Groenlandia.
Gli Inuit attuali discendono dalla popolazione di Thule, che nel XI secolo dal Canada si espanse rapidamente nel nord della Groenlandia, colonizzando tutta la costa occidentale.Un'altra parte, invece, alla ricerca di mari sempre più pescosi iniziò a scendere lungo la costa orientale arrivando nella baia di Angmagssalik 'là dove ci sono i pesci'.
Qui rimase intrappolata dai ghiacci, e divenne stanziale, senza più contatti con il resto del mondo fino a quel fatidico 1884, quando Gustav Holm, alla ricerca di resti di insediamenti vikinghi dopo aver doppiato capo Farwell, estrema propaggine meridionale della Groenlandia, si era spinto a nord fino a raggiungere per la prima volta la baia di Angmagssalik.

Fino al momento di questo incontro gli Inuit di Angmagssalik credevano di essere l'unica forma di vita umana presente sulla terra.
Si racconta che un coraggioso cacciatore, spinto dalla curiosità di conoscere cosa esistesse oltre i propri orizzonti, si fosse messo in cammino sulla calotta polare, diretto a occidente. E che fosse tornato indietro dopo parecchi giorni di cammino in quel deserto bianco, dicendo: Non c'è nulla. Solo ghiaccio. Siamo gli unici uomini sulla terra.
Ghiaccio e rocce nel fiordo di Sermilik

Gli abitanti di Isertoq, piccolo villaggio di cacciatori di 130 abitanti al margine della calotta polare, hanno avuto contatti con persone estranee al loro ristretto gruppo etnico solamente dopo la seconda guerra mondiale, quando poco lontano, a Ikatek, fu costruita una base aerea militare USA.
Fino agli anni '30, quando i danesi importarono in Groenlandia il legname per le prime costruzioni - le tipiche casette in legno variopinto tanto note agli occidentali - e ancora fino a poche decine di anni fa, gli abitanti di Angmagssalik, che allora erano poco più di 400 individui, vivevano nelle 'case di terra', costruzioni edificate in località riparate dai forti venti, parzialmente interrate, con muri in pietra e coperte da pelli e tavole di pietra, cui si accedeva carponi tramite uno stretto e basso cunicolo.
Si incontrano ancora oggi degli inuit, in giovane età, che raccontano di essere vissuti, nei primi anni dell'infanzia, nelle 'case di terra'.
Oggi gli Inuit di Angmagssalik vivono un bivio importante della loro esistenza.
Da un lato si accorgono che non possono più continuare a vivere di sola caccia e pesca, perché troppe sono le esigenze e i bisogni insorti con l'arrivo della civiltà occidentale, dall'altro sentono, prepotente, il bisogno atavico di continuare a muoversi secondo i loro ritmi tradizionali.
Così stanno cercando di compiere l'unico passo che li possa porre in 'comunicazione' con l'occidente senza mettere in discussione le loro tradizioni millenarie.
Attenti alle motivazioni dei pochi che si sono recati in questi luoghi per i viaggi nei fiordi, i tour in kayak, i trekking nelle lingue glaciali, le randonnèe di scialpinismo, si sono accorti di possedere un bene estremamente richiesto da noi occidentali, che oramai abbiamo devastato il nostro: l'ambiente.
Unico, meraviglioso, incontaminato.
Lo sforzo che oggi stanno compiendo è quello di attivare un turismo sostenibile, senza grandi alberghi, non devastante per l'ambiente, riassumibile nel termine 'di esplorazione'.
Rivolgendo la propria economia verso un turismo così élitario, con una puntigliosa cura volta alla difesa dell'ambiente e delle proprie tradizioni, non potranno avere grandi afflussi, certo, ma non hanno bisogno neppure di grandi numeri.


Pubblicato su:
Agenzia Radicale

venerdì 21 novembre 2008

Solidarietà con gli inuit di Angmagssalik

Tiniteqilaaq: bambino inuit presenta il suo cagnolino
Con l'intento, che pare rappresenti al momento l'unica via per dare un aiuto a questa popolazione dimenticata, di diffondere la conoscenza del mondo Inuit di Angmagssalik, qui di seguito riporto un elenco di miei scritti che sono stati ospitati su Mentelocale.it, sito web di Genova

-Vi raccontiamo la Groenlandia
-Groenlandia: Il sole a mezzanotte
-Groenlandia: I ghiacciai senza nome
-Groenlandia: Viaggio alla fine del mondo
-Groenlandia: Alla scoperta degli abissi
-Groenlandia: Nella base di Ikatek
-Groenlandia: Il villaggio dei Cani Alfa
-Groenlandia: Incontro con i bambini Inuit
-Groenlandia: Il momento dell'addio
-Groenlandia: L'ultima avventura

martedì 18 novembre 2008

I mulini di Morteratsch

Morteratsch: novembre 2008 - il mulino Google occluso dalla neve
Sotto, lo stesso mulino nell'estate 2006
Sto due giorni sul ghiacciaio di Morteratsch. L'idea è di monitorare i suoi mulini e di raffrontarli con le misurazioni prese due anni orsono nello stesso periodo.
Purtroppo nei giorni scorsi il tempo è stato inclemente, e le nevicate, favorite da vento che ha soffiato impetuoso, hanno accumulato neveche h occluso quasi completamente tutti gli ingressi fin dai primi metri di profondità.
Nel mulino più grande, quello che abbiamo chiamato 'Mulino Google' perchè ben visibile in Google Earth, cornici spaventose minacciano di crollare da un istante all'altro, ed è evidente che in quelle condizioni forzare il passaggio rappresenta un probabile suicidio.

L'ingresso del mulino Google nel settembre 2007

Morteratsch, che si estende su di una superficie di circa 16 Kmq. e raggiunge una lunghezza di 7 Km. è il ghiacciaio alpino che si spinge alla quota più bassa: 2000 m.
Prevedibilmente, perdurando le condizioni climatiche attuali sarà uno dei primi a scomparire.

Si raggiunge da Tirano (I) al passo del Bernina, oppure risalendo da Saint Moritz (CH) a Pontresina, fino a raggiungere la stazioncina ferroviaria di Morteratsch (1896 m.) fermata intermedia del famoso Trenino Rosso del Bernina.
Si percorrono poco più di un paio di chilometri su una strada sterrata che, se non fosse per la sbarra posta all'inizio, si arriverebbe in macchina direttamente sul ghiaccio, e si giunge alla fronte del ghiacciaio.
Il ghiacciaio possiede alcuni mulini nella parte mediana, di una ventina di metri di profondità, mentre nella parte superiore, nella conca contornata dalle maestose pareti del Pizzo Bernina (4049 m) e del Piz Morteratsch (3751 m) serpeggia per un centinaio di metri un fiume, che precipita in un inghiottitoio più grande, individuabile anche su Google Earth.


giovedì 30 ottobre 2008

Una storia inuit di mare e di kayak

Sermilik chiuso dai ghiacci. Sullo sfondo la Calotta groenlandese

Questa che leggerete è una storia di kayak, in altre parole 'di mare'.
Gli inuit vivono sul mare, sul mare cacciano e pescano. Se si ruba loro il mare, si segna la loro fine.
Così era un tempo, e così ancor oggi è qui, nella baia di Angmagssalik, dove si svolge questa storia.
E' stata raccolta, nell'aprile del 1937, dalla viva voce di un Inuit da Paul Emile Victor, esploratore ed etnologo francese che ha studiato gli inuit di Angmassalik raccogliendone gli usi, i costumi, le tradizioni, le storie, e da lui riferita nel libro 'La civilisation du phoque”.
L'ambiente della storia sono il fiordo di Sermilik, i suoi ghiacci, e i piccoli villaggi di cui è disseminato, molti dei quali ancora oggi esistono.
I protagonisti sono i cacciatori inuit e le loro imbarcazioni, i veloci kayak per la caccia e la pesca guidati dagli uomini, e i lenti umiak guidati dalle donne, che venivano utilizzati per il trasporto degli oggetti e dei bambini durante i trasferimenti estivi ed invernali.
La storia, è una storia di vita quotidiana, non dissimile da altre storie che accadono in ogni altra parte del mondo.

Successe a Sermilik, il grande fiordo, molto tempo fa.
Ogni estate molti cacciatori non tornavano dalla caccia in kayak. Affondavano con il loro kayak, o forse qualcuno aveva gettato loro il malocchio. Non si seppe mai.
Tibidaj (“Colui che sente male”) parte un giorno in kayak da Ikatek, dove vive.
Incontra due fratelli che abitano a Iderta, villaggio solitario e lontano, di una casa soltanto. Cacciano insieme. I due fratelli sono molto gentili con Tibidaj. Raccontano delle storie. Ridono tutti e due. Si fanno dei segni e delle strizzate d'occhi.
I bassi fondali di Neremmak non sarebbero buoni per affondare qualcuno di quelli che portano le fasce sulla testa?” dice il primogenito al fratello minore.
Il fratello minore si mette a ridere. Allora il primogenito aggiunge:“E l'occhio di quello che è morto l'estate scorsa, non ci guarda da lassù, dall'alto della montagna?”
Tibidaj capisce che stanno parlando di uomini uccisi e tagliati a pezzi, alcuni pezzi dispersi in fondo al mare e un occhio in cima alla montagna per impedire al morto di tornare a vendicarsi, e che sono questi due fratelli ad aver ucciso i cacciatori in kayak che non sono rientrati ogni anno, da anni.
”Ho dimenticato i miei guanti da kayak sulla riva” dice “La marea sale. Vado a metterli nel mio kayak. Aspettatemi”.
Scende correndo al mare. Entra nel suo kayak, fugge pagaiando con vigore. Lassù, i due fratelli lo aspettano.
Aspettano fin quando lo vedono lontano, sul fiordo.“Se ne è andato”, dice il primogenito.“Sì, se ne è andato” risponde il fratello.
Tornato a Ikatek, Tibidaj racconta. Capiscono tutti, allora, che sono i due fratelli di Iderta ad aver ucciso i cacciatori in kayak che non sono rientrati, da anni, ogni anno.
Decidono di partire per andare ad ucciderli, e partono verso Iderta, con molti kayak e molti umiak. A Iderta non c'è più nessuno. I due fratelli probabilmente sono partiti verso il sud. I cacciatori ripartono verso sud.
Trovano molte tende a Itsalik, vicino Isertoq. Il primogenito dei due fratelli è qui.
Allora si fermano e si dirigono verso le tende. Con indifferenza, passano la giornata a giocare e divertirsi.La sera il primogenito dei due fratelli riparte verso nord per rientrare a Iderta. Quelli che sono lì con Tibidaj, ma anche tutti gli altri che vogliono vedere cosa succederà, poiché tutti conoscono, ora, la storia, lo seguono.

Il primogenito si siede sul posto del timoniere, in fondo all'umiak. Prende la barra del timone. Giusto la testa e le spalle gli sporgono.
Non si fida. Ha paura vedendo gli umiak e i kayak che lo seguono.
Nei pressi di Igasartek, Tibidaj in kayak gli si avvicina da dietro e gli lancia contro l'arpione per gli uccelli. Il tiro è forte e preciso. L'arpione si pianta in alto sulla schiena, tra le due spalle.
Tutte le donne negli umiak gridano.
L'umiak del primogenito dei fratelli riesce a raggiungere la terra. Il ferito salta sulla riva, l'arpione sempre piantato nella schiena perché non ha potuto strapparselo. Gli altri cacciatori arrivano in kayak. Il primogenito dei fratelli fugge con l'arpione piantato sempre nella schiena. Corre veloce, ma un uomo lo raggiunge.
Negli umiak le donne gridano sempre più forte. Gli uomini si sono fermati e guardano.
Allora quello che corre più veloce di lui gli da un colpo violento nella schiena, tanto violento che lo fa saltare in avanti. Va a schiantarsi più in basso. L'urto è così terribile che la mascella inferiore si va a conficcare tra le due clavicole. E' morto.
Prima di ripartire, si racconta allora quello che si sa dei due fratelli, e che non si è mai raccontato prima. Il primogenito era brutale, collerico e violento. Ha ucciso quello e quell'altro per vendicarsi, apertamente e senza nascondersi. Il più piccolo aveva paura del primogenito, ma lo seguiva per aiutarlo. Erano quasi sempre insieme.
Tutti gli umiak e tutti i kayak ripartono.
Quando il secondo dei due fratelli apprende che il fratello maggiore è stato ucciso, si allontana con la famiglia e si stabilisce a Tasidartik. Qui lo si vede tutti i giorni portare delle enormi pietre. Allora tutti capiscono che si allena per diventare forte, molto forte, il più forte di tutti i villaggi per poter, un giorno, vendicare la morte del fratello.
Qualche anno più tardi, in estate, l'uccisore del fratello primogenito è seduto davanti alla sua tenda, intento a scolpire un osso di balena. Alza gli occhi, e vede, lontano, un umiak che si avvicina. Riconosce il fratello più piccolo seduto nella parte posteriore dell'umiak.
L'umiak accosta. Il fratello minore scende a terra con un salto. Ha un'accetta in mano. Arriva alla tenda davanti la quale è seduto l'uomo che gli ha ucciso il fratello. Gli si ferma davanti.
Un lungo arpione per la caccia alla balena è appoggiato contro la tenda con a lato la lunga e spessa cinghia, e alla fine della cinghia sono legati cinque grossi galleggianti. L'uomo non dice niente. Guarda il fratello dell'ucciso. Non ha paura. Il fratello dell'ucciso dice:“Non mi vendicherò della morte di mio fratello su di te”.
Indica il lungo arpione, la cinghia e i cinque galleggianti e dice:“Questo, mi ripagherà per la vita di mio fratello”. E prende il lungo arpione.
No, dice l'uccisore del primogenito. Tu non ti ripagherai con questo!”.
Impugna l'altra estremità del lungo arpione. Tirano, ognuno dalla sua parte. Tirano.
Lascia l'arpione” minaccia il fratello dell'ucciso “o riceverai la mia accetta in faccia!”
L'uomo lascia la presa. Comincia ad aver paura. Il fratello si dirige verso il suo umiak e vi depone il lungo arpione. Ritorna verso l'uccisore del fratello e dice:
Io non mi vendicherò della morte di mio fratello su di te. Ma questo sì mi ripagherà”.
E prende la lunga cinghia alla fine della quale sono legati i cinque galleggianti.
No” replica l'uomo “Tu non ti ripagherai con questo!”
Impugna due galleggianti. Tirano ognuno dalla propria parte. Il fratello dell'ucciso è il più forte. L'uomo lascia la presa. Ha sempre più paura.
Il fratello dell'ucciso taglia la cinghia, la prende e prende i cinque galleggianti. Si dirige verso il suo umiak e vi depone la lunga cinghia e i cinque galleggianti. Poi ritorna verso l'uomo e dice:“Non mi vendicherò della morte di mio fratello su di te. Ma questo sì mi ripagherà” .
Va verso un grande cane maschio legato ad una roccia. L'uccisore di suo fratello non dice niente. Ha molta paura. Tremadi paura.
Il fratello dell'ucciso taglia la cinghia del cane, si dirige verso il suo umiak e vi depone il cane. Sale nell'umiak. Va a sedersi in fondo, prende la barra del timone, poi dice alle donne nell'umiak:“Andiamo!”
Le donne hanno guardato tutto questo in silenzio. Cominciano a remare. L'umiak si allontana.
L'uccisore del fratello primogenito lo guarda fino a che non scompare dietro un iceberg.

Prima della fine dell'estate, Tibidaj è seduto davanti la sua tenda a Ikatek, dove è tornato per ricostruire la sua casa, e sta tagliando una lunga cinghia per il suo arpione d'inverno. Alza gli occhi e dall'altra parte del fiordo vede un umiak che avanza. L'umiak si avvicina. In fondo all'umiak riconosce l'uomo che è al timone: è il fratello dell'ucciso.
Tibidaj, che ha sentito la storia dell'arpione, della lunga cinghia, dei cinque galleggianti e del cane maschio, comincia ad aver paura.
L'umiak accosta. Tibidaj lo guarda arrivare, ma non smette di tagliare la lunga cinghia. Il fratello dell'ucciso si ferma davanti a lui.
Non mi vendicherò della morte di mio fratello su di te. Ma questo sì mi ripagherà” dice, e indica una grande pelle d'orso tesa sul telaio a seccare.
Quest'orso era stato ucciso da Tibidaj qualche giorno prima davanti la sua tenda, dove era stato probabilmente attirato dall'odore di foca che cuoceva. L'aveva ucciso con un colpo di lancia nel momento in cui si era alzato sulle zampe. Aveva mirato bene. Aveva avuto anche fortuna perché la lancia non aveva incontrato le costole ed era entrata tutta fino al cuore.
Tibidaj voleva che sua moglie con quella pelle gli cucisse dei pantaloni per la caccia in inverno.“No”dice “non ti ripagherai con questo!”
Il fratello dell'ucciso non risponde. Va verso il telaio e comincia a tagliare le cinghie di tensione. Tibidaj si alza, va verso di lui e lo afferra per il braccio. Ha paura.
Lasciami o ti pianto l'accetta in faccia!” Si battono.
Il fratello dell'ucciso è il più forte. Tibidaj, che ha molta paura, lascia la presa.
Il fratello dell'ucciso taglia le cinghie di tensione, prende la pelle d'orso sulle spalle, e scende verso l'umiak. Getta la pelle d'orso nell'umiak e ritorna verso Tibidaj, che ha sempre più paura.
Gli arriva davanti e dice:“Non mi vendicherò della morte di mio fratello su di te. Ma questo sì mi ripagherà”.
Indica un grande cane maschio attaccato ad una roccia.
No” dice Tibidaj, che ha sempre più paura “non ti ripagherai con il mio cane di testa!”
L'altro non dice niente. Va verso il cane, taglia la cinghia, si dirige verso l'umiak e vi depone il cane. Va a sedersi in fondo e prende la barra del timone, poi dice alle donne nell'umiak:“Andiamo!”
Le donne hanno guardato in silenzio. Cominciano a remare. L'umiak si allontana veloce. Tibidaj lo guarda allontanarsi fino a che non scompare dietro il promontorio, a sud.
Molti anni dopo, l'uccisore del fratello primogenito e Tibidaj, hanno acquistato una formula magica per far morire il fratello dell'assassino. Così questo si ammala durante l'inverno. Il suo corpo marcisce lentamente. Una sera esce di casa per andare a cercare da mangiare. Cade. Rotola fino alla riva.
A notte inoltrata gli altri che sono usciti a cercarlo lo trovano bocconi come è caduto: sulla roccia, la testa affondata nell'acqua fino alle orecchie.

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domenica 12 ottobre 2008

La Palla di Luce: una leggenda Inuit



Quando la terra era appena nata, molto tempo fa, risalendo dalle acque che coprivano tutto il mondo, era sempre buio nel mondo degli Inuit.
E gli Inuit avevano molta paura del buio, perché non si accorgevano dell'arrivo di Nanuk, l'orso bianco, che li assaliva silenzioso prima che potessero accorgersi del suo arrivo.
Molti degli antenati erano morti così, fra la disperazione delle donne e il pianto dei figli rimasti orfani senza più chi cacciasse per loro e li sfamasse.
Ma un giorno volò sul mondo degli Inuit un vecchio Corvo che, fermandosi per riposare perché era molto, molto vecchio e stanco, si stupì di quella notte continua, e tanto per passare il tempo, mentre era fermo raccontò loro che in altri luoghi vi erano molte giornate luminose, e per dare un'idea spiegò che quella luminosità era pari alla luce di migliaia e migliaia di lampade di grasso accese, e che grazie a quella luce si poteva vedere lontano, e scorgere le slitte che tornavano dalla caccia ancor prima di udire l'abbaiare dei cani ....

Fu così che gli Inuit iniziarono a chieder al vecchio Corvo di andare, per cortesia, a prendere per loro la luce di quelle mille lampade, e portargliela.Ma il Corvo titubava, non voleva andare.
Sono troppo stanco, diceva, e la luce è molto, molto lontana.
Ma alla fine, vedendo la misera vita che quella gente conduceva nel buio assoluto si impietosì, e partì alla ricerca della Luce.

Volò per giorni e giorni fino a che, oramai al limite delle forze, proprio nel momento in cui stava per decidere di tornare indietro scorse, lontano sull'orizzonte, un fievole bagliore.
Era la Luce!
Mano a mano che si avvicinava, il bagliore diveniva sempre più forte fino a che si trovò a volare nel giorno pieno, e allora capì di essere finalmente arrivato nel paese della Luce.
Esausto, si fermò a riposare su di un albero, vicino ad un ruscello, ed iniziò a pensare a qualche stratagemma per prendere la Luce e portarla agli Inuit.
In quel momento, una bambina, vestita con un mantello di pelliccia bianco come la neve che avvolgeva tutto il paesaggio, si avvicinò al ruscello ad attingere acqua.Il Corvo, che era abile nei travestimenti, mutò allora il proprio aspetto in quello di un granello di polvere e andò a nascondersi fra le setole del mantello, cosicché, quando la bambina rientrò a casa, senza accorgersene lo portò con sé.

Dentro la casa regnava un caldo tepore.
Una donna stava cucendo una pelliccia, e, in un angolo, il vecchio capo del villaggio si scaldava al fuoco. Il nipote, un piccolo bambino infagottato in una lucida pelliccia di foca, stava giocando sul pavimento con delle statuine di osso.
Il Corvo, che aveva a quel punto già preparato il suo piano, sempre mantenendo l'aspetto di un granello di polvere gli volò nell'orecchio e iniziò a fargli il solletico.

Il bambino incominciò a piangere.
Perché piangi? gli chiese il nonno, dispiaciuto della improvvisa angoscia che aveva assalito il nipotino.
Digli che vuoi giocare con una Palla di Luce, gli bisbigliò il Corvo in un orecchio.
Perché voglio giocare con una Palla di Luce, piagnucolò il nipote.
Il nonno allora andò a pendere la scatola dove teneva le Palle della Luce, ne prese una, piccola piccola, la legò con uno spago, e la diede al nipote affinché vi giocasse.

Il granello solleticò ancora l'orecchio del bambino, che riprese a piangere, ancora più angosciato.
Perché piangi?, chiese ancora il nonno, che come tutti i nonni voleva che il nipote fosse felice.
Digli che vuoi andare a giocare con la Palla di Luce fuori di casa, suggerì il corvo.
Allora il nonno aprì la porta di casa, e accompagnò il bambino sul terreno innevato davanti alla casa, poi tornò dentro a riscaldarsi davanti al fuoco, perché fuori era molto freddo.

Come il bambino rimase solo, il granello di polvere si tramutò in Corvo, estrasse i suoi artigli e tagliò lo spago che legava la Palla di Luce. Prese la Palla di Luce e volò via verso la terra degli Inuit....

... sentendo lo sbattere delle ali nell'aria, tutti gli Inuit corsero fuori dalle le loro case e rimasero un po' delusi, perché il corvo ritornava, ma era sempre buio.
Ma appena arrivato sopra il villaggio, il Corvo lasciò cadere a terra la Palla di Luce, che si infranse in mille piccoli pezzi, e liberò la Luce che racchiudeva.
La Luce affrontò la Notte, combatté con lei, la vinse e la scacciò.
Su tutta la Terra dilagò allora il Giorno.Meraviglia!
Ora gli Inuit potevano vedere lontano.
... guarda le montagne, laggiù, come sono belle
...e il cielo, come è azzurro
... potremo finalmente vedere Nanuk arrivare
...e cacciare tante ore ogni giorno, e andare a pescare più lontano, e cercare mari più pescosi!

Ringraziarono il Corvo ma lui, dopo aver visto quella felicità, era rimasto rattristito per non essere riuscito a portare una Palla di Luce più grande.
Ho potuto portare solo una piccola Palla di Luce, si scusò, così potrete avere luce solo per metà dell'anno...
Ma gli Inuit, che non sono ingordi e sanno accontentarsi di quel poco che hanno, risposero:
ma noi siamo felici lo stesso. A noi basta avere luce per metà dell'anno, prima era buio tutto l'anno!

Pubblicato su
www.mentelocale.it

martedì 30 settembre 2008

Groenlandia: le 90 Paperette di Albert Behar

La notizia delle ricerche che da qualche tempo si stanno effettuando nei ghiacciai groenlandesi per cercare di capire le ripercussioni degli effetti che i mutamenti climatici in atto hanno sull'andamento futuro della calotta polare, ha avuto particolarmente risalto in questi ultimi giorni, quando si è avuta notizia che Albert Behar, ricercatore del Jet Propulsion Laboratory della NASA, ha immesso in un inghiottitoio del ghiacciaio Jakobshavn, in Groenlandia occidentale, 90 paperette di gomma per studiare il percorso delle acque all'interno del ghiacciaio.


Sulle paperette si è parlato molto, ma del perché e del come sono state utilizzate si è spiegato poco, perdendo così l'occasione per mettere a fuoco un campo della ricerca glaciologico-speleologica svolta con tecnologie estremamente avanzate e sofisticate che si va in questi ultimi anni affacciando nell'ambiente scientifico, di notevole interesse per l'interpretazione e la prevenzione delle mosse future del clima.
In realtà parlando delle paperette ci si addentra in un settore della glaciologia estremamente ignoto e onestamente incomprensibile ai non addetti a lavori: quello della circolazione delle acque all'interno dei ghiacciai, e sui riflessi che questa circolazione ha sui movimenti della massa glaciale, il tutto applicato allo studio della dinamica dei ghiacciai Groenlandesi.

Per la cronaca, Albert Behar è un ricercatore che da diversi anni sta svolgendo ricerche sulla circolazione idrica interna ai ghiacciai della Groenlandia occidentale.
Lo scopo è cercare di capire l'effetto che questa circolazione sub-glaciale ha sullo scivolamento delle lingue glaciali e sulla ripercussione che nel tempo questo scivolamento potrebbe avere sulla calotta polare.
Già qualche anno fa aveva immesso nei 'mulini' (o inghiottitoi: i pozzi assorbenti che permettendo alle acque di fusione superficiale di penetrare nella massa glaciale) delle sonde radiocomandate, che avevano percorso qualche centinaio di metri all'interno della massa glaciale, riportando sui monitor da cui erano seguiti in superficie immagini video e fotografiche di gallerie e di grandi vuoti interni completamente allagati.
Le sonde erano anche munite di una strumentazione atta a misurare l'inclinazione e la direzione del percorso.
Tutti i dati venivano poi trasmessi in superficie, così da riportare una pianta e una sezione della cavità glaciale: una vera e propria grotta nel ghiaccio, completamente allagata.
Lo scopo delle ricerche era di capire dove andava a finire l'acqua che dalla superficie glaciale finiva nei 'mulini', se si fermava all'interno della massa glaciale, in laghi subglaciali, o finiva in mare.

domenica 3 agosto 2008

A casa

Cima Ciuaiera: genziane

Sono tornato sui monti della Colla dei Termini, a Ormea (CN) in Val Tanaro.
Qui da anni vago per boschi e pareti, cercando cose sconosciute e grotte inesplorate, scoprendo nel fitto dei boschi paesi sepolti dalla vegetazione dove l'ultimo abitante è andato via cento anni fa.
Le pareti rocciose mi hanno guardato, mi hanno riconsciuto come il loro più gradito ospite, e mi hanno apparecchiato la loro giornata più radiosa.

Ricordo di Stefano Cagna

A destra il Gen. Stefano Cagna. A sin il Gen. Urbani


Di Ormea (CN) era Stefano Cagna, che nel 1928, su un idrovolante SIAI S55 pilotato dal maggiore Umberto Maddalena, furono i primi a scorgere la "Tenda Rossa" e a rifornire di viveri i 10 sopravvissuti della sfortunata spedizione Nobile del Dirigibile Italia al Polo Nord.
Il Gen. Stefano Cagna succeduto ad Italo Balbo nel Comando dell'Aeronautica della Libia, cadde il 1 agosto 1940 al comando dei suoi velivoli per contrastare una formazione navale inglese diretta verso Malta.

Da:Rapporti Trimestrali dell'aeroporto di Villacidro-Aeronautica Militare

9 LUGLIO 1940
Nel primo pomeriggio ventidue S 79 decollarono in parte da Trunconi e in parte da Alghero, nei pressi delle Baleari, si unirono agli altri diciotto S 79 partiti da Decimo per sferrare un attacco alla flotta inglese partita da Gibilterra e diretta a Malta.L'azione era comandata dal Generale CAGNA in persona che, sorvolando le navi nemiche, vi dirigeva sopra i nostri bombardieri.
Severe perdite furono inflitte alla flotta nemica: la portaerei Ark Royal, sul cui ponte furono anche distrutti sette aerei, dovette rientrare a Gibilterra per riparare i guasti e la nave da battaglia Hood che al momento era la più grande nave da guerra del mondo, colpita da tre bombe, fu addirittura riportata in Inghilterra perché le attrezzature della rocca di Gibilterra non erano sufficienti a ripararne i gravi danni subiti.
Il Generale Cagna fu convocato a Roma per ricevere le congratulazioni di Mussolini.

1° AGOSTO 1940
I nostri agenti del Servizio Informazioni Militari segnalarono tempestivamente che la flotta inglese aveva lasciato la Rocca di Gibilterra.
Il Generale CAGNA di buon mattino decollò da Decimo in ricognizione solitaria.Avvistata la flotta nemica rientrò alla base da dove riparti alla testa di una formazione di diciassette S 79 del 32° e dell'8° stormo decollati da Decimo, Villacidro e Alghero.
Il contatto con le navi inglesi avvenne a sud delle Baleari.Gli Sparvieri, armati ciascuno con 5 bombe da 250 chili, nonostante la violenta reazione della contraerea nemica riuscirono a d assestare qualche buon colpo.

Tuttavia la nostra aviazione subì un duro colpo perché diversi S 79 furono abbattuti e tra questi quello del Generale CAGNA.

martedì 29 luglio 2008

Rifinanziate le basi italiane in Antartide

La notizia che il Governo ha concesso un finanziamento di 13 milioni di Euro alla ricerca italiana in Antartide si rivela particolarmente importante, e dimostra l'interesse che nell'ambiente governativo si va manifestando verso la ricerca scientifica ai Poli, anche in considerazione che la presenza in Antartide rappresenta un investimento economico di grande portata per il nostro Paese, in vista del Trattato sullo sfruttamento dell'Antartide.

Da Il Corriere della Sera.it del 28 luglio:

MILANO - Si torna al lavoro in Antartide. Nelle basi Zucchelli e Concordia rientrano i nostri scienziati mandati a casa dopo che il passato governo aveva negato i finanziamenti necessari.
«Non possiamo disperdere il patrimonio accumulato negli ultimi vent' anni - dice Giuseppe Pizza, sottosegretario per l' Istruzione, l'università e la ricerca - soprattutto ora che gli studi nelle aree polari si rivelano sempre più determinanti per gli andamenti climatici.
Per quest' anno garantiremo quindi 13 milioni di euro, più un' altra quota da definire per l' anno polare».

Riprende dunque l' attività interrotta anche se a livello contenuto perché la sua realizzazione richiede una lunga preparazione impossibile senza le risorse.
Cinque ricercatori andranno nella base Zucchelli e una decina a Concordia, nata dalla cooperazione con la Francia. Altri dieci saranno presenti in programmi di vari Paesi. Assieme, inoltre, partiranno 44 tecnici garantendo le operazioni nell'estate antartica che si concluderà nel febbraio dell'anno prossimo.
Per il seguente inverno si possono nel frattempo preparare quattro scienziati che vivranno separati dal mondo a Concordia.
«Non possiamo venir meno ad accordi internazionali sottoscritti - aggiunge il sottosegretario Pizza - e a studi avviati nei quali abbiamo investito negli anni passati 500 milioni di euro. Per il nostro governo la ricerca in Antartide è strategica per le politiche ambientali e alimentari».
Una flotta aerea composta da un velivolo da trasporto Hercules, due monoplani ad elica e due elicotteri garantiranno i trasferimenti di uomini e mezzi. Non è invece disponibile la nave per le indagini marine perché si doveva predisporre ancora all'inizio dell'anno per averla operativa oggi.
Le risorse finanziarie ritrovate consentiranno di analizzare i dati raccolti con le perforazioni Andril e Taldice: la prima racconta la storia climatica degli ultimi 250 mila anni e la seconda l' evoluzione della calotta antartica e il suo influsso sul livello dei mari.
«Poi ci occuperemo di sismologia, meteorologia, fisica dell'atmosfera e installeremo anche il telescopio ad infrarossi da 80 centimetri di diametro preparato dall'Università di Perugia», precisa Carlo Alberto Ricci, presidente della Commissione nazionale per l' Antartide.
Da due anni i piani per il «continente bianco» erano bloccati e i nostri ricercatori si trovavano paralizzati, mentre la comunità internazionale dava il via all'Anno Polare, un' indagine approfondita che non aveva eguali da cinquant'anni.
«Anche da noi, come in altri Paesi - nota Ricci - sarebbe opportuno creare un organismo che dia continuità alle ricerche sui Poli. Adesso è necessario approfondire le conoscenze anche dell' Artico dove oltre al ritiro dei ghiacci si è aperta la corsa alle risorse naturali».
Le altre grandi nazioni impegnate sui fronti ghiacciati del Pianeta mantengono attivi una novantina di scienziati al Polo Sud e una ventina al Polo Nord.

Caprara Giovanni


lunedì 21 luglio 2008

Italia

Di ritorno in Italia, un breve riassunto sull'esito della Spedizione Saxum 2008, organizzata nell’ambito del progetto di ricerca “Carta dei popoli Artici” nella Groenlandia orientale.

Nei 30 giorni di permanenza è stato svolto un fitto programma di lavoro, che ha compreso, oltre ad una traversata dell’Inslandis e la prima salita di alcune montagne, esplorazioni glacio-speleologiche, ricerche etnografiche e prelievi di DNA della popolazione di Isertoq, un piccolo villaggio di cacciatori.
Dal punto di vista glaciospeleologico, è stato portato a termine un complesso lavoro di contatti con la popolazione della capitale Tasiilaq, e dei villaggi di Isertoq e Tinitequilaaq, che ci ha permesso di conoscere la condizione dei ghiacciai, la loro morfologia, i punti di accesso migliori e, non ultimo, di avere preziose informazioni sui luoghi dove si trovano i maggiori scorrimenti di drenaggio.
Robert Peroni ha dato preziose informazioni logistiche e messo a disposizione la sua profonda conoscenza dei luoghi segnalando in precisi ghiacciai nell'estremo nord del fiordo di Sermilik numerosi canali di drenaggio e di inghiottitoi.
Un altro partecipante alla spedizione, Davide Peluzzi, ha inoltre riferito di canali di drenaggio e inghiottitoi incontrati durante le sue passate esplorazioni nei ghiacciai del fiordo di Ittoqqortoormiit (in Danese: Scoresbysund), circa 800 Km più a nord del luogo dove stavamo operando.
Fondamentale per la conoscenza del territorio è stato infine l'aiuto dei pescatori Inuit, che ci hanno condotto numerose volte, spesso forzando la navigazione fra il pack e gli iceberg, fino alle testate dei fiordi di Sermilik e di Sermiligaq, che rappresentano un formidabile bacino di raccolta per decine di lingue glaciali che fluiscono dalla calotta polare.
Queste rapide prospezioni ci hanno permesso di localizzare ed osservare numerose lingue glaciali con le caratteristiche ottimali per la formazione dei mulini (pendenza, estensione, spessore della massa glaciale) e che possono essere avvicinate senza l'utilizzo di elicotteri.

Grazie a questa spedizione organizzativa, oggi noi sappiamo, nella veste di speleologi, come muoverci in Groenlandia, quale è il momento dell'anno migliore, chi contattare per il noleggio delle barche, ma, soprattutto, dove andare a cercare gli inghiottitoi per le future esplorazioni.
In subordine, abbiamo compiuto una accurata prospezione in un complesso montuoso/glaciale completamente inesplorato, non solamente dal punto di vista speleologico, fatto di per sè abbastanza normale, quanto, in senso più ampio,“geografico”.

domenica 6 luglio 2008

Islanda



Stiamo alcuni giorni in Islanda, io, Gianluca Frinchillucci e Giorgio Marinelli per visitare il ghiacciaio Vatnajokull.

Ancora Sermilik

Navigazione difficoltosa sul Sermilik.
Una decina di chilometri più avanti il mare si chiuderà completamente, impedendoci di oproseguire.
Cadono così le nostre speranze di raggiungere la testata del fiordo per condurre qualche giorno di esplorazioni in una zona ancora più remota e inesplorata.

venerdì 4 luglio 2008

Tiniteqilaaq

Bambini Inuit


A Tiniteqilaaq siamo arrivati al Finis Terrae.
Oltre Tiniteqilaaq solo pack e iceberg, e poi catene di montagne e ghiacciai inesplorati che si stendono per centinaia di chilometri verso nord.
Questo villaggio, di soli 130 abitanti, lascia respirare l'aria dell'ultima frontiera, dove ogni miracolo è possibile , dove ogni miraggio può venire realizzato.
Bambini meravigliosi che sono diventati nostri amici. Una piccola popolazione che resta nel ricordo di una vita.

giovedì 3 luglio 2008

Sermilik


Il campo esplorativo è terminato. Questa mattina presto, verso le tre, una ultima corsa sull'altopiano, a guardare il primo sole, e poi giù a smontare le tende.
Verso mezzogiorno è arrivata la barca che ci porterà per un paio di giorni al villaggio di Tiniteqilaaq.
Abbiamo fatto una puntata verso la testata del fiordo di Sermilik, sempre chiuso dai ghiacci, con la speranza di trovarlo, complici venti compiacenti... transitabile, o quanto meno con la possibilità di forzare un passaggio fra i ghiacci.
Ma anche questa volta Sermilik non si è smentito.
Resti di pack, e iceberg staccatisi dai ghiacciai alla sua testata lo avevano completamente sigillato.

lunedì 30 giugno 2008

N 65°55'12.7" - W 037°32'02.7"

Da parecchi giorni oramai stiamo lavorando in questo territorio, che si è dimostrato un sistema abbastanza articolato di ghiacciai posti su una quota variabile dai 500 ai 900 metri s.l.m.
L'innevamento è abbondante, una coltre di neve spessa da un metro a due/tre metri copre in maniera uniforme tutti i ghiacciai
Solo le seraccate sono scoperte, e quindi nonostante i nostri sforzi è praticamente impossibile individuare tutti gli inghiottitoi e i canali di drenaggio presenti.

Siamo comunque riusciti a documentare l'esistenza di un canale di drenaggio risalente alla passata stagione estiva, posizionato sulle coordinate WGS 84: 65°55'12.7"-037°32'02.7".
Largo circa 10 metri e profondo 7, visibile per un centinaio di metri scompare poi sotto la copertura nevosa, per tornare nuovamente visibile con un'ulteriore tratto e lasciare intravvedere l'ingresso di un inghiottitoio occluso dalla neve e da enormi blocchi di ghiaccio e di detrito roccioso sospesi.
Un altro inghiottitoio è stato individuato nei giorni scorsi nel tratto più a monte del ghiacciaio, a un chilometro circa di distanza da questo.
In un ghiacciaio di così modeste dimensioni, che non possiede un ampio bacino di drenaggio, un canale di tali proporzioni lascia chiaramente intendere un forte scioglimento superficiale, responsabile di una rapida perdita di massa.
In effetti, si tratta di un ghiacciaio in forte regresso, come testimoniato dalle morene laterali, a quota più bassa, non ancora colonizzate da muschi e licheni, come invece è avvenuto in zone limitrofe, deglaciate oramai da qualche decennio.

Nel frattempo Davide Peluzzi, Franco Varrassi e Libero Limoncelli hanno salito una montagnache non aveva mai visto impronta umana.
Inoltre sono stati presi campioni di acqua e di ghiaccio per la ricerca e lo studio di eventuali micoorganismi presenti.

venerdì 27 giugno 2008

Iniziano le ricerche

Dopo una navigazione di un paio di ore siamo giunti nel territorio posto a N 65°54'40''- W 037°35'05'' e qui abbiamo installato il campo che servirà alla nostra permanenza per i prossimi giorni.
Si tratta di un un sistema di ghiacciai contornati da cime montuose che si elevano direttamente dal mare per 1000/1200 m., con pareti verticali di sette/ottocento metri completamente vergini.
Un vero paradiso per gli alpinisti che sono con noi.
Nessuno è probabilmente mai passato in questa Terra, ad eccezione di qualche inuit a caccia d'orsi.

Su questi ghiacciaio io e Marinelli compiremo una serie di prospezioni, alla ricerca di canali di drenaggio e di inghiottitoi.

giovedì 26 giugno 2008

Sermiligaaq

Iceberg alla testata del fiordo di Sermiligaaq

Oggi abbiamo navigato per le tranquille acque del fiordo di Sermiligaaq fino alla sua testata, dove si gettano le due grandi lingue glaciali del Rasmussen e del Karale.
Abbiamo visto passare, scivolando silenziosi spinti dal vento, iceberg giganteschi.
Panorami selvaggi si sono aperti ai nostri sguardi, ghiacciai immensi ci hanno lasciato fantasticare su epiche esplorazioni.

mercoledì 25 giugno 2008

Tasiilaq


La variopinta confusione della capitale della costa orientale.

martedì 24 giugno 2008

Da Kulusuk a Tasiilaq

Da Kulusuk a Tasiilaq. Dieci minuti come i gabbiani sopra un meraviglioso mare di ghiaccio.

Kulusuk

Famiglia Inuit

L'arrivo a Kulusuk, piccola città di 400 abitanti che ospita l'aereoporto della costa orientale, è impressionante.
In poche ore di volo, dall'estate mediterranea ci si trova precipitati nell'estate artica, dove le temperature sono simili a quelle del nostro inverno.
La temperatura è bassa, circa 2°. Molto vento. Tutt'intorno lingue di neve che giungono al mare, il mare è chiuso dai resti del pack e da giganteschi iceberg, la navigazione è impossibile, e si capisce perchè questa regione è stata per secoli, fino all'avvento degli aerei, una delle più inaccessibili del pianeta.
Da qui, dieci minuti di volo in elicottero, sopra un mare ghiacciato, ci porteranno a Tasiilaq.

lunedì 23 giugno 2008

Groenlandia

Risalita di un mulino

Sto partendo per la Groenlandia Orientale con la Spedizione Saxum, che svolgerà ricerche in una delle località più isolate e difficilmente raggiungibili delle Groenlandia.
Io mi occuperò delle ricerche glaciospeleologiche, ossia della ricerca e dell'esplorazione dei 'mulini glaciali' ai fini del monitoraggio delle condizioni delle lingue glaciali che dalla calotta fluiscono al mare, e particolarmente in questa spedizione, per la preparazione di una logistica che possa permettere un programma di ricerche da svolgere nei prossimi anni.
Miei compagni saranno Gianluca Frinchillucci, Giorgio Marinelli, Luca Natali, Davide Peluzzi, Libero Limoncini e Franco Varassi.

Glaciospeleologia in Groenlandia?

Inghiottitoio

Qui una breve riflessione sul perchè svolgere ricerche glaciospeleologiche in Groenlandia.

I 'mulini' (inghiottitoi nel senso più stretto del termine) sono i pozzi assorbenti che raccolgono i ruscellamenti che nei periodi caldi dell'anno si formano sui ghiacciai per effetto della fusione superficiale.
I mulini rappresentano quindi la via di accesso che permette alle acque di fusione di penetrare nella massa glaciale, andando ad alimentare i bacini di raccolta interni, o raggiungere il mare nel caso di lingue glaciali costiere.

Lo studio dei mulini, fenomenologia che viene identificata con il termine di 'carsismo glaciale' - per attinenza e similitudine di tale fenomeno con il 'carsismo' che si sviluppa in ambienti calcarei - è utile allo studio dei flussi/depositi d'acqua sub-glaciali e di riflesso contribuisce all'interpretazione della dinamica della massa glaciale.
E' infatti noto che fra le cause che inducono i movimenti delle masse glaciali non è irrilevante quella dovuta allo scivolamento per la presenza di bacini d'acqua interni, dovuti sia alla fusione del ghiaccio per effetto delle elevate pressioni che la massa stessa subisce in profondità, sia alla quantità di acqua di scioglimento superficiale che, attraverso gli inghiottitoi, scende ad alimentare la falda.

La Groenlandia, seconda grande estensione glaciale planetaria dopo l'Antartide, con essa detentrice del 99% del ghiaccio esistente su tutta la superficie terrestre, sta patendo sensibilmente i cambiamenti climatici in atto, maturando un rapido intensificarsi dello scioglimento superficiale, almeno alle latitudini sotto il Circolo Polare, che potrebbe implicare, nel lungo periodo, gravi ricadute sulla stabilità dell'intera massa glaciale stessa.
Contrariamente a quanto avviene nell'inslandis (in crescita di massa con una temperatura costante notevolmente inferiore al punto di fusione e valori estremi di – 60°, ben aderente al substrato roccioso) le lingue glaciali periferiche al di sotto dei 1.500 m. che hanno una temperatura media annua di poco inferiore allo 0° rispondono infatti rapidamente all'incremento termico, con un bilancio di massa negativo per effetto dell'ablazione dei periodi caldi, che sono sempre più lunghi, e uno scorrimento più rapido verso il mare.

Allungata in direzione nord-sud per 2650 km tra gli 83°39' e 59°46' N, Groenlandia ha la propria estensione territoriale suddivisa in varie fasce climatiche, mostrando una grande differenza tra le località più a N e quelle al di sotto dei 70°N.
Sul Mar Glaciale Artico, perennemente ghiacciato, a N degli 81° la media annua è di -16,8°.
Poco più a sud, verso i 76,5° si ha una media annua di -11,4°.
Continuando a discendere, appena oltrepassato il Circolo Polare Artico (66°33'38”N) iniziano temperature prossime allo 0° sia sulla costa ovest (Nuuk 64°10' 0” N) con medie annue di -1,4° che sulla costa est (Angmagssalik 65° 35' 60” N ) con medie annue di -1,7°.

Considerando che il carsismo si verifica in ambienti in cui le temperature annue sono prossime alla media annua di 0°, è facile dedurre come tutte le località poste a sud del Circolo Polare siano già oggi (come in effetti sono) suscettibili di carsificazione, e come questo processo andrebbe a subire un incremento esponenziale con un semplice aumento della temperature di 1° o 1,5 °, che porterebbe la media annua addirittura sopra lo 0°.
L'incremento termico che si sta registrando in questi ultimi anni maturerà una progressiva crescita della fusione superficiale in Groenlandia.
Una accelerazione della fusione superficiale porterebbe di riflesso un moltiplicarsi degli inghiottitoi, cui conseguirebbe una crescita dei canali di drenaggio sub-glaciale e un aumento di massa nella falda.
Si creerebbe in tal modo un 'effetto lubrificante' accentuato che, riducendo gli atriti interni, potrebbe causare un incremento della velocità di scorrimento del ghiaccio.

Un ulteriore, seppur modesto aumento di temperatura sarebbe quindi sufficiente ad innescare un movimento di scivolamento periferico che potrebbe coinvolgere, nel lungo periodo, parte della calotta glaciale, fratturandola e portandola al collasso.