venerdì 6 febbraio 2009

... strettoie ...

Spluga della Preta: il primo pozzo da 125 m. (ft. tratta dal volume 'La Spluga della Preta')

Chi non conosce la Preta non conosce le strettoie.
Nel 1975, edito dal Museo Tridentino di Scienze Naturali, usciva il volume '
La Spluga della Preta', che faceva il punto su cinquant'anni di esplorazioni nel grande abisso veronese. E' piacevole estrapolare alcuni appunti sulle malefiche strettoie di quell'Abisso, così come le ha descritte lo speleologo bolognese Giulio Badini.
I cinquant'anni della esplorazione della Spluga della Preta, ricorsi nel 2005, sono stati celebrati in un bellissimo film-documentario:
L'Abisso, ed in un sito interamente dedicato, che invito tutti a visitare:



... si direbbe sia stato fatto apposta. Alla prima strettoia è passato tutto, fuorché quel sacco con le scatolette dei viveri. Farle passare ad una ad una, in quella posizione assurda, è come sgranare un rosario di imprecazioni.

...tutti parlano della strettoia maggiore, la malefica che divide in due la Preta e i suoi esploratori. Nessuno parla della fessura alla base del terzo pozzo, quella del campo base. Per me non ha molto da invidiare all'altra. Col pensiero a cosa ci aspetta più avanti la si sottovaluta, e regolarmente ci si incastra. Quando l'ho presa bassa, quasi sull'acqua fetida, mi sembrava di aver sopra un'autostrada; quando l'ho presa sopra, l'autostrada doveva essersi trasferita altrove. Solo molto dopo seppi che qualcuno v'era rimasto incastrato per ore. Eppure la chiave per passar meglio deve esserci. Io non l'ho trovata. Il peggio era al ritorno. Arrancare ormai sfiniti per quadagnare qualche centimetro, vedendo a pochi metri chi ci ha preceduto sorbirsi un thè caldo entro il sacco a pelo. Tantalo non deve aver provato di peggio.

... avevamo cominciato, settantasei metri prima, col dire che forse si era esagerato. Disagevole si, ma non impossibile. Man mano che avanzavamo le parole calavano: il fiato serviva altrimenti, per spingere il sacco davanti alla testa o per tirare coi piedi quelli dietro. Ma il bello veniva adesso. Giungere li già spompati dopo ottantasei metri da far invidia ai vermi e sentire gli smergoli di chi — fisicamente più idoneo — vi è alle prese, non è incoraggiante. Tre posizioni in un metro - di fianco di pancia - di fianco - sono troppe per chiunque. Vorrei essere un contorsionista. Tento o non tento? Sei mesi di preparazione e di sacrifici, una reputazione, tante scommesse sono in ballo.
Almeno fino al limite Cargnel debbo farcela. Si può rinunciare prima di avercela messa tutta? E se poi mi incastro? Il caso o la consapevolezza hanno fatto sì che fossi l'ultimo. Sento parlare gli altri, di là. Dicono che non è poi così difficile. Le voci ancora ansimanti tradiscono la bugia. Un attimo fa non la pensavano così. Ora o mai più. Via il casco, via tutto dalle tasche, via anche
quello che è rimasto delle tasche, tanto non giungerebbero mai di là. Avanti. Maledetta. Ora a sinistra. Manca il fiato. Troppo a sinistra, indietro un passo. Anche lo scarpone si è incastrato. Strappati tuta. Un attimo che respiro. Fin qua è fatta, ma se mi incastro? e se non riuscissi a tornar indietro? Calma. Ma perché quaggiù? Con tanti spazi liberi, l'infinito. Se non altro so che non soffro di claustrofobia. Di qua forse è meglio. Avanti ancora. Accidenti ad essere al buio. Eccoli. E ora ancora di fianco. Per Giove, ma qua è più stretto. Dai. Datemi una mano. Dai. Se tiene la cassa toracica passo. Haia. Finalmente.
Se esiste uno shock della nascita, io l'ho provato almeno due volte.

... dopo lungo penare in uno stretto meandro semiallagato, Sala Faenza ci appare ancor più ampia. Per vederla bene occorrerebbe qualcosa di più dei nostri fotofori. Ma non intendavamo con questo che Leoncavallo desse fuoco all'intero sacco del carburo (in realtà lo scoppio fu accidentale, in quanto il collega si avvicinò inavvertitamente col fotoforo acceso sul casco al sacco da cui, bagnatesi nel trasporto, fuoriusciva acetilene, provocando la combustione e rimanendo ustionato al viso in modo abbastanza grave, soprattutto a quella profondità).

... nonostante il lusinghiero risultato, non c'è festa al campo, anche se stiamo per abbandonarlo. Siamo ormai senza viveri, bagnati, stracciati, doloranti e stiamo tirando già da ventotto ore per recuperare il materiale da oltre fessura. Dovremo ancora tirare, senza soste, fino all'esterno. Ormai la stanchezza ci ha ridotto ad automi.

... il compiuto recupero di trentun sacchi in questo salto ha cambiato radicalmente il nostro morale: anche se stiamo sgobbando da trentacinque ore, sentiamo che siamo già vicini all'epilogo. Un po' di carne in scatola e una canta in certi momenti riescono a far miracoli.

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