sabato 21 agosto 2010

Rientro dal mondo degli inuit


La missione che ho condotto nei villaggi di Ammassalik è terminata.
Durante le due settimane di permanenza sono state girate ore di filmati, centinaia di fotografie sono state scattate a documentare il mondo di oggi nei confronti del mondo di ieri.
Di questo nei prossimi post darò documentazione.
Ma soprattutto è stato meraviglioso il rapporto di sincera simpatia e di scambio di informazioni sui nostri due diversi mondi di vita, che si è avuto fra il gruppo della missione e la popolazione del remotissimo villaggio di Tinitequilaaq, dove già ero stato due anni fa.
In questo villaggio sono stato colpito dal ricordo che ancora tutti avevano della mia permanenza nel 2008.
Soprattutto i bimbi, quelli più piccoli, con cui per tre giorni avevo giocato e che avevo portato in giro sulle spalle, mi salutavano e mi abbracciavano.
Oggi sono già grandicelli, e collaborano al sostentamento famigliare andando a caccia e a pesca.

A Tasiilaq, ho incontrato il piccolo 'Elvis', il cantante del villaggio come lo avevamo soprannominato allora, cresciuto ma sempre con il ciuffo biondo sbarazzino e il sorriso cordiale.
Mi sono stupido nel vederlo qui, e non a Tiniteqilaaq, il suo villaggio.
Stava insieme ad un gruppo di ragazzine, nella stradina davanti al pub, e il mio pensiero è subito corso alla piaga dell'alcool, che qui ha assunto le dimensioni di una vera peste, anche se, dopo il picco avuto fra le generazioni degli anni 60/70 sta oggi rientrando nella media delle città del nord-Europa.

Sbarcato a Tinitequilaaq (Tinit, come lo chiamano gli abitanti), non ho visto che anziani, poche donne e bimbi piccoli.
Dove erano finiti tutti?
Ho temuto quello che mi aveva detto Robert Peroni poche ore prima: per il prossimo anno prevediamo 100 suicidi: un dramma per una popolazione di meno di 3000 abitanti!
Ma poi...
poi ho appreso che erano tutti isolati e bloccati nei campi di caccia a nord del Sermilik, completamente ghiacciato, chiuso dagli icebergs e dalle zolle di pack invernale, che nonostante la stagione avanzata continuavano a permanere.

Ecco... poi alla sera è arrivato il piccolo Joseph sulla sua biciclettina.
Veloce come un gabbiano, mi ha subito riconosciuto, mi si è piantato davanti e si è messo a ridere...
E una notte, mentre passeggiavo con lui per le strade avvolte dalla nebbia, sottile, che saliva dal Sermilik, è arrivato in barca, stanchissimo da Tasiilaq, anche il piccolo 'Elvis', che stava là, semplicemente per ... studiare.
Erano tutti salvi, i miei piccoli amici!


Il giorno della partenza, prestissimo, forti colpi contro la porta della casa inuit dove eravamo alloggiati ci hanno svegliati.
Che era successo di tanto importante, da venirci a chiamare a quell'ora?
Nulla, semplicemente i piccoli amici erano venuti a salutarmi, e a dirmi che loro uscivano per la pesca, e che ci saremmo rivisti, forse, una volta ancora negli anni futuri?
Certo.

Il mondo degli inuit sta cambiando, vanno a pesca con le barche e non più con il kayak, hanno fucili e non più arpioni, vestono giacche in piumino, ma la loro mano e sempre tesa amichevole verso l'ospite gradito e non invadente.

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